Dopo l’addio la sua vita non è più la stessa: il dramma dell’ex Serie A | La lotta contro un male troppo grande

L’ex giocatore di A ha lottato per tutta la carriera contro un male che non è riuscito a estirpare, la sua recente confessione
Ha concluso la sua carriera nel 2010, dopo aver vinto il Triplete con l’Inter. In nerazzurro ha disputato nove stagioni da protagonista, partecipando al ciclo post Calciopoli che ha portato al trionfo in Champions League con José Mourinho in panchina.
Prima di trasferirsi ad Appiano Gentile si era messo in mostra tra i pali della Fiorentina, tanto da diventare il portiere titolare agli sfortunati Europei del 2000, persi nei tempi supplementari della finale contro la Francia.
Un rimpianto che non ha potuto vendicare sei anni dopo, quando alcuni dei compagni di squadra hanno battuto proprio i transalpini a Berlino, conquistando il quarto Mondiale della storia della Nazionale italiana.
I tifosi lo ricordano con piacere, anche per l’attaccamento che ha sempre dimostrato, oltre ai pregevoli interventi, con un’affidabilità degna di nota. Di recente ha parlato di come ha vissuto il suo ritiro.
Cosa fare dopo il ritiro, un’enigma che attanaglia molti calciatori
Lui è Francesco Toldo, che ha confessato di avere cambiato vita una volta conclusa la sua parentesi da calciatore. Intervistato da Cronache di spogliatoio in occasione della partita d’addio di Giuseppe Rossi, ha parlato dell’importanza di un piano B.
Un’alternativa serve per non trovarsi in difficoltà dopo il ritiro, quando di fatto inizia una seconda vita. Dopo molti anni di impegni costanti sul terreno di gioco, il quotidiano cambia completamente.

Diventare un personaggio pubblico non è una dinamica facile da gestire
Toldo ha parlato del suo rapporto complicato con la fama: “Non devi abituarti agli agi, bisogna vivere bene il presente, ho vissuto in modo negativo la notorietà, non deve essere un peso ma un valore aggiunto. Il calcio è una fase, ha un inizio e una fine, per me la mia avventura con il calcio è stata una favola, ho smesso da uomo felice, vivo diversamente e serenamente“.
Un’ammissione che gli fa onore e che manifesta quanto abbia vissuto la sua esperienza da portiere in primis come una passione, tanto da essere felice di scendere in campo sino all’ultima partita, nonostante le pressioni costanti alle quali è stato soggetto.