L'ex difensore della Juventus, Andrea Barzagli, ha recentemente condiviso i suoi pensieri in un'intervista esclusiva con Radio Bianconera, toccando diversi temi significativi legati alla sua esperienza nella squadra torinese.

Martedì sera, hai avuto l'opportunità di rivivere momenti speciali nel ritrovare la tua maglia nello spogliatoio dello Stadium. Come ti sei sentito in quel momento?

"Rivedere la mia maglia ha riportato alla mente molti ricordi. È stata una serata emozionante, anche se il giorno successivo avevo mal di schiena e zoppicavo un po'."

Serate come quella al Pala Alpitour possono aiutare a comprendere appieno cosa significa essere parte della Juventus?

"Parlarne a parole non rende giustizia a cosa significa veramente indossare quella maglia. Devi viverlo per capirlo. Quando sei lì, comprendi l'importanza storica, legata a una proprietà centenaria e a una mentalità unica. La Juventus comporta pressioni enormi, ma quando sei parte di questa squadra, sai che devi mirare sempre alla vittoria. La grandezza della squadra emerge in eventi come quello di martedì, quando il club riesce a riunire così tanti campioni leggendari."

C'è una vera differenza nel vantaggio derivante dal non partecipare alle coppe?

"La risposta varia in base al punto di vista. È certo che giocare ogni tre giorni richiede molte energie, sia fisiche che mentali. Tuttavia, una squadra forte è in grado di far fronte a questi impegni grazie a una rosa ampia. Dal punto di vista della Juventus, non partecipare alle coppe offre il vantaggio di preparare al meglio le partite di campionato. Ma, ovviamente, l'obiettivo principale è tornare a giocare in Europa, perché quella è la dimensione a cui questa squadra appartiene."

Chi prenderebbe nella Juventus di oggi?

"Se dovessi fare un paragone, direi Bremer, anche se gioca nel centro della difesa. Le caratteristiche tecniche di Danilo lo avvicinano di più a Bonucci, ma ognuno ha le sue peculiarità. Nel nostro caso, ciò che ha reso grande la BBC è stata la complementarietà delle nostre caratteristiche nel contesto della squadra."

Qual è il segreto dietro alla tua straordinaria capacità di anticipare il gioco avversario?

"Ho sempre avuto una certa esplosività, e nel nostro tipo di difesa, essere aggressivi era fondamentale. Inoltre, potevo contare su compagni di squadra che mi fornivano sicurezza, inclusi giocatori come Gigi in porta."

Qual è stata la decisione più difficile: quando Conte ti ha spostato nella difesa a tre o quando Allegri ti ha posizionato terzino?

"La decisione più difficile è stata con Allegri, perché riguardava solo me. All'inizio, è stata dura, ma considerando la mia esperienza e maturità, ho capito che dovevo mettermi al servizio della squadra. Alla fine, sono stato felice di poter contribuire, anche in ruoli diversi."

Qual è stato lo Scudetto più difficile da conquistare: il primo con Conte o quello con Allegri nel 2014/15?

"È difficile dirlo. Nel primo caso, eravamo guidati da una fame e passione incredibili, che ci hanno spinto avanti. C'è stata anche una certa dose di demerito da parte del Milan che ci ha permesso di prevalere. Nel caso del 2014/15 con Allegri, è stato complicato. Abbiamo affrontato una situazione complessa a causa di un cambio generazionale. Alcuni giocatori esperti se ne erano andati, sostituiti da giovani talentuosi ma inesperti. Ci sono stati diversi problemi iniziali. Tuttavia, quando tutti hanno capito il loro ruolo, grazie anche al contributo dei giocatori più esperti, siamo riusciti a risalire la china. Abbiamo iniziato con alcune vittorie all'ultimo minuto, come nel derby, che ci hanno dato fiducia. Da lì in poi, abbiamo ricominciato a vincere, spesso senza subire gol per molte partite di fila."

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