E’ bastato uno scipito e poco sugoso pareggio contro la Roma per fare riemergere antiche diffidenze verso Thiago Motta da parte della critica nazionale. Ci sono i coerenti, tipo Pecci, che in un dibattito con il sottoscritto e Marchesini a Riccione il 16 agosto sosteneva – non senza ragioni – che “il titic titoc di Motta in certe partite faceva venire sonno” (e d’altra parte, con un pensiero per me un po’ antico, secondo Eraldo l’allenatore conta poi il giusto. Io gli ribatto che era più facile fosse così ai suoi tempi).

E i “situazionisti”, tipo Sandro Sabbatini di Mediaset – collega indiscutibilmente capace e brillante – che un giorno esalta i giovani “next gen” che lo stranino sforna come fossero michette, e la domenica dopo adopera la clava per scrivere che “non è mai successo, tantomeno con Allegri, che la Juventus tirasse una sola volta in 90’ + recupero”.

Vorrei segnalare che bastava guardare il Bologna l’anno scorso per scoprire che Motta, in realtà, è un bravissimo difensivista (non ha mai avuto un “centravanti” vero, prima del 9/10 Zirkzee lì giostravano Sansone e qualche centrocampista, con Arnautovic fuori uso) e il lungo periodo del Bologna al terzo posto poggiava su solidissime basi di retroguardia, con i tre centrali più forti del campionato: non solo lo svolazzante e semi-offensivo Calafiori, ma anche Beukema e Lucumi.

Thiago Motta
Thiago Motta (ph. Image Sport)

I bolognesi non vogliono sentire ragioni: tutto quello che fa il club è almeno da 7 in pagella

A proposito di critica nazionale, sarà il caso che il tifoso rossoblu standard, per il quale non esiste – giustamente – altro che il Bologna e tutti gli altri son nemici, realizzi che l’inserimento delle “alte sfere”, generato dalla qualificazione Champions, ti pone all’attenzione degli altri. Prima non esistevi: arrivando dodicesimi, eri confuso nel “mare magno” dei generici. 

Se vuoi sentire la musichetta e fare la fila all’ufficio passaporti in Piazza Galileo per andare ad Anfield, devi essere disposto a beccarti il 5 pagella della Gazzetta per un mercato insufficiente (ai fini Champions: fosse solo il campionato, ci sarebbero meno problemi e il voto crescerebbe). I bolognesi, tendenzialmente, non vogliono sentire ragioni: tutto quello che si fa sotto le Due Torri è almeno da 7. La insufficienza non è contemplata.

Siccome si dilettano tutti in statistiche, ne faccio una pure io. Castro ha fatto 1 gol in 501’ di impiego tra coach brasiliano e siciliano. Karlsson, a cui è stato dedicato uno striscione vagamente comico e sicuramente non porta-fortuna, è fuori dalla lista UEFA – al momento – per manifesta inabilità. Sempre binaria, cioè a cavallo di due stagioni. Dallinga, acquisto piuttosto oneroso per le non infinite casse rossoblù, ha giocato pochissimo e contro l’Empoli, con uno sforzo di fantasia poco proponibile del tecnico, come trequartista (esperimento già provato a Firenze più volte con altri interpreti, ed esiti sempre poco confortanti). 

Vuoi per difficoltà oggettive del mister, vuoi perché è andata così, il Bologna è spuntato. Oggettivamente. E in questa chiave la rete di Fabbian, con successiva esultanza ultracollettiva – all’abbraccio mancavano solo le maschere dello stadio… - è il giusto premio a un movimento tecnico-tattico studiato ed evidentemente ben eseguito ed efficace. Più che un segnale generico – ma sentito – di vicinanza a Italiano, è stato un riconoscimento al fatto che si lavora per qualcosa. Sentito Bazzani dire in tv che i momenti tattici, negli allenamenti, sono una gran rottura. Vero, salvo il fatto che, se tradotti in pratica, danno gustoVicnen.

Vincenzo Italiano
Vincenzo Italiano (ph. Image Sport)

A Italiano occorre tempo, difficile rivedere contratti “modello” Calafiori e Zirkzee

La scelta di Italiano, credo, ha avuto una sua logica, azzarderei più promozionale che tecnica. E cioè: accertatisi i dirigenti della impossibilità di permanenza dell’allenatore – l’unico a crederci un po’ era il Presidente – e della quasi certa “fuga” dei big, l’antidoto Italiano, calcio molto più offensivo e potenzialmente spettacolare del predecessore, poteva essere perfetto (se gli si fornivano degli interpreti pronti all’uso, però). Così occorre tempo e non c’è garanzia. Restano alcune considerazioni di fondo: il Mister si è presentato come un gran lavoratore, dedito, affamato, preciso, molto “umano” nei rapporti, e a pelle molto coinvolgente. 

Ci si aspettava che qualcuno involontariamente tirasse un po’ il fiato. E in un calcio come il suo, che vive molto di accelerazioni, di strappi, di superiorità sugli esterni, fa la differenza. Mettiamoci anche troppa svagatezza nella fase difensiva (vorremmo rivedere la cattiveria dello scorso anno nel difendere i risultati, dicono da dentro) Ad ogni modo l’impressione generata è di uno che sa quel che sta facendo. Come ho già scritto, occorrerà del tempo che non sempre i tecnici hanno.

Infine, le gerarchie e i rapporti interni. E’ stato facile prevedere, al di là dei pronostici contrari, che Fenucci restasse. Di Vaio e Sartori verranno rinnovati. Molta della considerazione su di loro sarà generata dalla loro età e dalla resa economica della “merce” giocatore. Difficile che si rivedano contratti modello Calafiori e Zirkzee, il primo a sentirsi impotente sul loro destino, e a non gradire ciò, è stato il Chairman.

Come ha detto Fenucci – in pratica, e per fortuna, l’opposto delle tesi “ideologiche” precedenti – il sistema ora è scalabile. Ma se il Bologna avesse mostrato la tenacia “atalantina” di scalarlo davvero, forse Motta poteva partire da qui alla conquista del calcio europeo, anziché fare tappa intermedia a Torino. L’unica certezza è che al bolognese di base andrà bene comunque. Saputo, se vorrà, starà qui quanto Dall’Ara. Vincerà credo meno, ma non troverà nessun tramviere buontempone che finge di dimenticare la fermata di Via Amendola, costringendo il Pres a una lunga camminata a ritroso. Negli anni ’50 i petroniani erano più dispettosi. Dei birichini.

Joshua Zirkzee
Joshua Zirkzee (ph. Image Sport)

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