Luciano Moggi in occasione dei 100 anni di proprietà della Juventus della famiglia Agnelli, ecco cosa scrive in lungo post su Facebook:

"L’anniversario dei 100 anni di proprietà della Juve da parte della famiglia Agnelli è trascorso senza un Agnelli al timone di comando. Dopo la scomparsa dei due fratelli, dopo le dimissioni da presidente di Andrea, pluridecorato con 9 scudetti, è sparito quel cognome magico. Resta la proprietà con gli eredi al comando. Senza grandi clamori, quindi, il centenario. Ho sostato davanti alla tomba dell’Avvocato e del dottore Umberto, profondamente emozionato, nel cimitero di Villar Perosa. I ricordi mi hanno riportato al giorno della loro scomparsa (quasi in contemporanea con quella del presidente Chiusano) che ha segnato la fine di una delle squadre più forti al mondo: sono stati proprio i presidenti succeduti a Chiusano a segnare, infatti, il tracollo. Dal paradiso all’inferno è stato un passo breve. Tutti ad attaccare la triade dirigenziale, nessuno a difenderci. Era quindi difficile non ripensare ai bei momenti in cui arrivavano le telefonate dell’Avvocato e del dottor Umberto, nonostante fossero le 5 del mattino, per chiedere soltanto se c’erano novità. Si lavorava insomma in allegria e con la massima fiducia della proprietà, che neppure perdeva tempo a spronarci per- ché c’erano grandi risultati e nessuna richiesta da parte nostra di aiuti economici nei 12 anni passati con loro. Il presidente #Chiusano era sempre presente quando occorreva la sua leale capacità, non veniva mai in ritiro con la squadra ma era sempre al campo durante le partite. Era l’uomo giusto al posto giusto, che non amava comparire, ma c’era nel momento del bisogno. Con lui in vita non sarebbe esistita Calciopoli. Mi riempiva di gioia e di forza sentirmi chiamare «comandante» dal dottor Umberto con il quale avevo un rapporto amicale fatto di stima reciproca e da parte mia anche di riconoscenza per avermi proiettato in un mondo che ritenevo più grande di me.

L’Avvocato era anche veggente quando, ad esempio, disse riferendosi al sottoscritto: «Lo stalliere del re deve conoscere i ladri di cavalli». Era forse preoccupato che, in assenza dello stalliere a calmare i bollenti spiriti, il calcio potesse diventare una bolgia come in effetti è diventato. Di fronte a tanta grandezza non ho potuto contenere qualche lacrima, pensando ai due “fratelli” e alla mancanza di un Agnelli nell’anno del centenario" .

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